Loano, Savona, Italia

Chi ha avuto modo di vedere il mio computer sa che non sfuggo allo stereotipo del nerd che, una volta superato lo scoglio mentale del percepire il proprio laptop come nuovo, dunque perfetto in sè ed inviolabile, ci attacca sopra adesivi di ogni tipo. Ci sono gli adesivi dei miei progetti falliti sul nascere e di quelli falliti più in là nel tempo, quelli dei collettivi studenteschi (fondamentali!), quelli "un po' a prescindere" come quello del M**Bun. Ognuno rappresenta un punto colloso e sbiadito della mia vita. Tra questi c'è anche l'adesivo di un pub, il Manga Cafè e quella che segue è la sua storia. E come tutte le storie, parte da lontano.

Per quanto possa ricordare, fino a quando non ho ottenuto un discreto grado di indipendenza dalla mia famiglia (e qualche volta anche quando quella indipendenza l'avevo raggiunta da tempo), la vacanza al mare si è sempre fatta a Borghetto Santo Spirito, in provincia di Savona. Che ci si andasse in quattro, in tre, in quattro ancora, in due, con aggiunte o partenze a metà vacanza, comunque ci si andava. E ci si è andati sempre, ininterrottamente, per una ventina di anni almeno.
Borghetto Santo Spirito è una selva di condomini disabitati addossati all'Aurelia, tra i quali spunta, quasi per sbaglio, una sorta di aggiunta postuma e artificiale, un centro storico rachitico e decadente. La Liguria, per me, è stata esattamente questo per moltissimo tempo: i resti di una vecchia colonia della classe media piemontese. (Ai miei amici liguri di Ponente e di Levante: vi voglio bene, mi avete già perdonato.) E facendo la mia famiglia parte della categoria, in uno di questi condomini si sono alternati da fine giugno a fine agosto, nonni, zii, fratelli e cugini. Il condominio in questione si trovava, si trova e sempre si troverà sopra al Pomodoro quadrato, una pizzeria in cui raramente siamo andati a mangiare. Raramente si mangiava fuori, se escludiamo patatine, gelati e granite che mi facevo comprare capricciosamente al bar dei bagni Marina C, dei quali l'intero squadrone della famiglia Gallo è sempre stato fedelissimo cliente. Voglio credere, anche se è improbabile, che abbiamo sempre avuto lo stesso ombrellone mangiato dal sole. Non tutto, però, è rimasto uguale. Ad esempio, nel tratto di lungomare ingolfato tra la ferrovia e i lidi, collegato all'Aurelia tramite un sottopasso semi-buio e puzzolente che da bambino mi terrorizzava, comparve ad un tratto una fila di barriere di plastica arancione bucherellate: il cantiere del "porto" di Borghetto. Oggi l'approdo turistico del comune è in funzione (credo) e la ristrutturazione del lungomare ha collegato più armoniosamente il tratto dei lidi con quello che porta a Loano.

Città principale del circondario, è possibile raggiungere Loano da Borghetto semplicemente inciampando molto vicino al confine tra i due comuni, il quale è più un aspetto amministrativo che un qualcosa di storico o culturale: i casermoni, lungo tutta l'Aurelia, non hanno confini. Ciononostante, i centri dei due paesi sono distanti qualche kilometro ed è possibile raggiungere l'uno dall'altro passando attraversando il lungomare. Una meravigliosa illusione: si è convinti di andare da Borghetto a Loano, muovendosi in uno spazio che non appartiene a nessuno, un limbo fatto di asfalto, panchine per anziani e lidi che si aprono una decina di metri sotto di te. In realtà, il tutto è, dall'inizio alla fine, nel territorio loanese, come ho dovuto tristemente realizzare raggiunta una certa età.
La passeggiata serale verso Loano è un must che si concedono, quasi ogni sera, tutti coloro che hanno "la casa al mare" a Borghetto, tanto che è probabilissimo (quasi certo) incontrarvici conoscenti e colleghi che magari non si vedevano da tempo. L'incontro è il più delle volte squisitamente piemontese: "Oh, ciao, anche voi qui?" "eh sì, facciamo un po' di vacanza tranquilli." "bravi, bravi." Silenzio sconfortante, sorrisi appiccicati alla faccia, sguardi che si incrociano manco fosse un duello alla Sergio Leone: chi farà la prossima mossa? "Va beh, buon giro allora!" Superata una infilata di discoteche in cui ballo latino-americano e liscio la fanno da padroni da che esiste l'universo, si raggiunge il cuore pulsante della città: il Caruggio, che io ho sempre chiamato Budello, come quello, più famoso, di Alassio. Potrei dire che questa terminologia è un'eredità famigliare e che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli ma spero comunque che nessun loanese possa mai leggere ciò che ho appena scritto.

Ogni sera d'estate, il Caruggio di Loano ha una densità di persone che supera la San Salvario peggiore, con l'unica differenza che, invece di una matricola del Politecnico con un cocktail alla frutta in mano e vestita come se fosse appena arriavata a Lloret de Mar, a pestarti i piedi sarà la ruota di un passeggino Foppapedretti zavorrato da un grassoccio bambino che si sbrodola di gelato fiordilatte. Se dovessi spiegare a qualcuno il concetto di "limite termodinamico" direi qualcosa come: "hai presente Loano? Ecco." Tre erano le tappe fondamentali cui avevo fatto abbonare i malcapitati che dovevano sopportare me bambino: il primo negozio sulla destra dopo lo spiazzo (il cuore, a volte, ricorda gli spazi ma non i nomi), che vendeva souvenir e collezioni di soldatini in armatura medievale, la libreria (che per me era "quella lì", ma che forse è una noiosa Mondadori), la gelateria il Melograno. Per un certo periodo, ci fu anche il cosiddetto "negozio di cazzate". Era bellissimo sia per me sia per il resto della famiglia: a posteriori, un'ottima dimostrazione del fatto che il livello di cringe superasse qualsiasi standard. Il resto dei negozi, che uno riusciva ad intravedere nelle brevi boccate di ossigeno tra teste pelate e permanenti bionde, non fu mai troppo rilevante: qualche brand più grosso, come Benetton, una paio di farmacie, diversi ristoranti di pesce, uno sfacelo di vendite di palle, secchielli, rastrelli, costumi, pareo, vestiti sottili, cappelli di paglia. All'elenco vanno aggiunti gli anelli che cambiano colore con il tuo umore, che da bambino desideravo più di Emilio, perché mi facevano sentire "grande". Verso la fine del Caruggio, con la torre dell'Orologio alle spalle, prendendo una larga (larga per gli standard liguri) strada laterale si può raggiungere la piazza del Duomo. Prima di questa, però, un'altra piazzetta si apre sulla sinistra: il Manga Cafè è proprio lì.

Anni prima, in quella stessa piazzetta e in quello stesso locale (che all'epoca era un anonimo bar), ad una serata con dei colleghi di mio padre avevo scoperto che la china era una bevanda e non soltanto quel tipo di penna che mi avrebbe fatto smattare nei primi anni di liceo. Anni dopo, ho scoperto che potevo ordinare un mojito per la mia ragazza ed uno per me e pagarli con soldi miei. Dove c'erano eleganti (insomma) tavolini in ferro battuto, ora ci sono tavoli di legno lucidi. Dove c'erano bottiglie semivuote di vetro verde o nero dal contenuto insondabile, ora ci sono fumetti, poster ed un esercito di action figure. Dove c'era un bar senza tempo, ora c'è un pub senza passato.
Il Manga Cafè non è di certo il locale più bello in cui sia stato: non è l'unico pub di Loano (da sempre, ce n'è uno all'inizio del Caruggio) e non è l'unico posto un po' nerd in quell'accozzaglia di servizi per turisti (per molti anni e forse ancora oggi c'è un negozio di giochi da tavolo e di carte alla fine del Caruggio). Ciononostante, il Manga Cafè, nel quale sono stato una sera di fine giugno per meno di due ore, rappresenta di più. Rappresenta un'increspatura in quella narrazione che più del cemento e dell'abusivismo si è divorata intere città. Rappresenta una discontinuità nell'oroboro cui sono condannati certi luoghi. Rappresenta la spuma di un'onda solitaria che si frange spaventosa quando in mare c'è calma piatta. Per alcuni, in particolare per i loanesi, è solo un pub e forse è giusto così. Perché, alla fine, questo dovrebbe essere il suo scopo: poter essere solo un pub.

Commenti

  1. Sono passati troppi anni da quando non vado a Loano, almeno una decina, e non mi ricordo esattamente dov'era il Manga Pub, ma ... il negozio con collezioni di soldatini in armatura medievale ti ha inchiodato tutte le sere per anni ....

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